3/13/2013

Si raccoglie quel che si semina


 
Si raccoglie quel che si semina è un passo tradotto da me in italiano qualche anno fa, da una traduzione inglese di Muhammad Alshrif dal libro

Azzaman Alqaadim compilato da Abdul Malik al-Qasim

(fonte: http://sisters.islamway.com)

Per riflettere un pochino insieme sull’importanza della buona educazione, del buon esempio in Islam. Come genitori il nostro compito è arduo e grandi sono le nostre responsabilità. Buona lettura.

 

Prima parte

Un po’ di tempo fa lavoravo come insegnate di studi coranici presso la moschea locale. Mi capitò di notare un giovane ragazzo di all’incirca quindici anni dopo la preghiera del Maghreb (cioè la preghiera del tramonto). Aveva un Corano in formato tascabile e sedeva da solo in disparte leggendolo. Anzi non credo che lo leggesse sul serio, be’ diciamo che voleva far credere che fosse impegnato a leggerlo. Di tanto in tanto, ci gettava delle occhiatine timide, curioso di sapere cosa stessimo facendo. Ogni tanto lo si notava che faceva il possibile per cercare di capire di cosa stessimo discutendo. Ogni volta che ne incrociavo lo sguardo, smuoveva il capo e continuava con la sua recitazione, come se non avesse guardato in quella direzione intenzionalmente.

Giorno dopo giorno, si sedeva nello stesso modo riservato, rivelando lo stesso sguardo timido. Alla fine dopo la preghiera dell’Isha (sera) un giorno, mi decisi ad affrontarlo.

“As-salaum alaikum (che la pace sia con te). Il mio nome è Salmaan. Sono l’insegnate di Corano in questa moschea.”

“Mi chiamo Khalid” rispose.

Mi sembrò strano che mi avesse risposto cosÌ prontamente, come se stesse da tempo aspettando di condividere con me questo tipo di infomarzione e come se si aspettasse che prima o poi glielo avrei chiesto.

“Dove studi Khalid?”

“All’ottavo anno e amo...tantissimo il Corano”

Perchéaggiunse questa frase? Con aria fiduciosa gli chiesi: ”Ascolta Khalid, hai un po’ di tempo libero dopo il Maghreb? Sarebbe un onore per noi averti nella nostra classe.”

“Cosa? Il Corano? L’ halaqa? SÌ...bene, sÌ sÌcertamente (la felicità lo travolse), ci sarò In sha Allah (se Dio vuole)”

Quellla sera, non riuscivo a pensare altro che a questo ragazzo giovane e quell’aria di mistero che lo avvolgeva.

Non riuscivo a dormire. Tentai di trovare una risposta in base a ciò che avevo visto e udito, ma non ne trovavo una. Un verso di una poesia mi sopraggiunse alla mente:

“Il giorno che viene, sbroglierà il mistero e novità arriveranno da dove non ti aspettavi”

Mi rigirai sul lato destro e lasciai scivolare la mano destra sotto la guancia: “O Allah, mi affido completamente a te e a te lascio tutti i miei pensieri”

 

Seconda parte

Subhan Allah, i mesi passarono molto velocemente. Khalid era ormai un abituale del nostro circolo di Corano, pieno di carica e molto bravo nella memorizzazione. Era amico di tutti e tutti gli erano amici. Non lo si sarebbe mai potuto sorprendere senza un Corano fra le mani, o trovarlo in un’altra fila per la preghiera che non fosse la prima.

Non vi era nulla di anomalo eccetto il fatto che di tanto in tanto sembrava perso altrove. C’erano momenti in cui il suo sguardo fisso rifletteva un pensiero senza comprensione che dimorava nella sua mente. A volte sembrava che il suo corpo fosse con noi, ma che la mente fosse altrove, soffocando in un altro mondo. Di tanto in tanto lo sorprendevo con una domanda. Rispondeva con un borbottio, e per primo ammetteva di essere assente...

Una sera, dopo la lezione, passeggiammo lungo la riva sulla spiaggia. Forse il suo grande segreto poteva venir fuori, rilassarsi in qualche modo, e rilasciare il dolore e la sofferenza.

Arrivammo alla spiaggia e seguimmo le tracce delle onde. La luna piena era in cielo. Era un spettacolo strano. Il buio della notte incontrava il buio del mare, con una luna luminosa fra di essi. Mi sedetti da qualche parte imbarazzato per la sua intrusione, simile alla mia timidezza verso Khalid in quel momento. I raggi della luna silenziosa riposavano sulle onde silenziose del mare. Ero alle spalle del ragazzo anch’egli silente. Nella scena intera regnava silenzio.

Tutta la scena andò in frantumi e cadde a pezzi non appena il giovane ragazzo si tuffò a terra e scoppiò in lacrime. Scelsi di non interrompere il suo scoppio emotivo, forse la salinità  delle sue lacrime lo avrebbero aiutato a rilassarsi e ripulire via la sua sofferenza.

Dopo pochi minuti disse da dietro le sue lacrime:  “Vi amo tantissimo tutti....amo il Corano...e coloro che lo amano. Amo i miei fratelli pii, virtuosi, puliti. Ma...mio padre...è mio padre.”

“Tuo padre? Cosa c’è che non va in tuo padre, Khalid?”

“Mio padre mi ammonisce sempre dal girare intorno a persone come voi! Ha paura. Vi odia. E cerca sempre di convincermi che anche io dovrei odiarvi. Non appena ne ha l’occasione cerca di avvolorare la sua tesi con storie e racconti.

Ma...quando poi ho visto con i miei stessi occhi tutti voi recitare nei vostri incontri il Corano, ho visto qualcosa di completamente diverso. Ho visto una luminosità nei vostri volti, luce nelle vostre vesti, luce nelle vostre parole, anche quando eravate in silenzio potevo vedere quella luce.

Allora ho avuto dei dubbi sui racconti di mio padre e questo è il motivo per il quale ho iniziato a sedermi dopo la preghiera del Maghrib, osservandovi, facendo finta che facevo parte del circolo, cercando di condividere quella luce. E...sÌ..mi ricordo Ustadh Salmaan...Ricordo quando ti sei avvicinato a me dopo la preghiera dell’Isha. Avevo aspettato a lungo quel momento. Quando iniziai le lezioni, il mio animo si ritrovò  in un mondo di purezza con i vostri animi. Iniziai le lezioni e fui tenace nel mio studio. Non ho più dormito; i miei giorni e le miei notti erano solo Corano. Mio padre notò subito un cambiamento nella mia routine. Egli scoprÌ, in un modo o nell’altro, che mi ero unito al circolo e che bazzicavo con un gruppo, secondo lui, di “terroristi”.

Poi una notte buia...stavamo tutti aspettando che mio padre ritornasse a casa dalla caffeteria, la sua routine quotidiana, cosÌ che potessimo cenare insieme. Entrò in casa con la faccia indurita e cenni di rabbia. Eravamo tutti seduti pronti per la cena. Il silenziò  si fissò sulla nostra famiglia. Come al solito noi tutti eravamo spaventati di parlare in sua presenza.

Ma fu egli stesso a tagliare il silenzio con la sua voce assordante e diretta: “Ho saputo che bazzichi con dei fondamentalisti”. Mi sentÌ paralizzato, la mia lingua si ingarbugliò e mi mancarono le parole. Tutte le parole nella mia bocca cercavano di venire fuori allo stesso tempo.

 

Ma, egli non aspettò la mia risposta. Arrancò la teiera del te e la gettò con intenzione di ferirmi al viso. La stanza era come se girasse e vidi tutti i colori in confusione davanti ai miei occhi. Non riuscivo più a distinguere il soffitto dalle mura o dal pavimento e caddi. Mia madre mi mantenne. Un panno umido sulla fronte mi aiutò a riprendere i sensi e capire dove mi trovavo. La voce brutale si rivolse contro mia madre:  “Lascialo solo, oppure ti ritroverai nella stessa situazione”. Riuscii a sgusciare fuori dalle braccia di mia madre e mugolai via nella mia stanza. Ma egli mi inseguÌ lungo tutto il corridoio con le più violente minacce. Non ci fu giorno che egli non mi malmenò in un modo o nell’altro, maledizioni, calci, qualsiasi cosa gli fosse a tiro, mi veniva lanciata contro. Il mio corpo cominciò a tremare di paura, colori grotteschi si plasmavano tutto intorno.

Lo odiai.

Un giorno mentre eravamo seduti pronti per la cena, mi disse: “Alzati! Non mangi con noi!” Prima che riuscissi ad alzarmi, egli mi prese a pugni e mi prese a calci nella schiena, facendomi sbattere contro le pentole. In quel momento, giacendo lÌ a terra, feci finta di essere più alto di lui e gli gridai in faccia: “Un giorno, ti ripagherò. Ti prenderò a botte proprio come tu fai con me e ti maledirò proprio come tu mi maledici. Crescerò e diventerò forte e tu sarai soltanto più vecchio e debole. Allora sÌ vedrai che ti tratterò come tu mi hai sempre trattato; e ti ripagherò con la stessa moneta”

Dopo aver fatto e detto ciò, lasciai casa e corsi via. Corsi senza una meta precisa, non mi importava. Trovai la mia strada su questa spiaggia. Mi aiutò a lavar via un pochino di tristezza. Avevo il mio Corano tascabile ed iniziai a recitare finché non potetti più a causa del mio pianto smisurato. “

 

E qui, alcune di quelle lacrime innocenti ancora scorrevano sul suo volto, lacrime che scintillavano alla luce della luna come perle alla luce di una lampada.

Non riuscivo a dire nulla. La sorpresa aveva frenato la mia lingua.

Dovevo essere inorridito per questa bestia di padre, il cui cuore non conosceva affatto la pietà? Oppure dovevo essere stupito dalla pazienza di questo giovane ragazzo, a cui Allah aveva inspirato la guida e la fede? Oppure ancora dovevo essere scioccato per entrambi, per un legame tra un padre ed un figlio miseramente spezzato, causando la trasformazione del loro rapporto in quello di un leone e una tigre, oppure di un lupo ed una volpe?

Gli tenevo la mano calda e asciugai via una lacrima dalla sua guancia. Lo rassicurai, pregai per lui, e gli consigliai di rimanere obbediente a suo padre; gli dissi di rimanere paziente e che non era solo. Gli promisi che avrei incontrato suo padre, che gli avrei parlato e cercato di evocare la sua pietà.

 

Terza parte

Ogni giorno che passava quell’episodio scivolava sempre più via. Cercai di pensare a come potessi migliorare la situazione creatasi tra Khalid e suo padre. Come avrei dovuto parlargli? Come potevo convincerlo? Come sarei andato a bussare alla sua porta?



Alla fine, presi tutto il mio coraggio, feci le prove del mio piano, e mi decisi ad affrontarlo, e decisi che l’incontro sarebbe stato proprio quel giorno alle 5.

Quando arrivò l’ora, mi incamminai verso casa di Khalid con tutte le mie idee e le domande per suo padre che penzolavano dalle mie tasche.

Suonai il campanello. Le mie dita tremavano e le mie ginocchia si scioglievano. La porta si aprÌ. E lÌ era lui, in piedi, nell’ombra, con le labbra pronunciate e le vene che battevano dalla rabbia. Provai un candido sorriso, sperando che potesse addolcire alcune delle rughe prima di iniziare. Egli mi tirò per il colletto e mi fece sobbalzare verso di lui: “Sei tu il fondamentalista che insegna Khalid alla moschea, non è vero? Che Dio mi aiuti, se ti vedo di nuovo camminare con lui, ti spezzo le gambe. Khalid non frequenterà mai più le tue lezioni.” E poi raccolse tutta la sua saliva e mi sputò in faccia. La porta fu rinchiusa bruscamente. Lentamente, aprii un fazzolettino che avevo in tasca, mi ripulii di quello con cui mi aveva onorato, e me ne andai giù per le scale consolandomi.

Il Messaggero di Allah (pace e benedizioni su di lui) aveva sopportato molto più di questo. Era stato definito un bugiardo, lo avevano maledetto, preso a sassate e persino fatto sanguinare i suoi piedi. Gli ruppero i denti, gli misero sterco sulla schiena e lo cacciarono via dalla sua casa.

 

Quarta parte

Giorno dopo giorno, mese dopo mese, non vi fu più traccia di Khalid. Suo padre gli proibiva di lasciare la casa, neppure per la preghiera di gruppo del Venerdi. Ci vietò di vederlo e di incontrarlo. Pregammo per Khalid finché...lo dimenticammo. Passarono degli anni.

Una notte, dopo la preghiera dell’Isha, un ‘ombra camminò dietro di me nella moschea e una mano dura familiare si posò sulla mia spalla. Fu la stessa mano che mi aveva tenuto anni prima. La stessa faccia, e le stesse rughe e la stessa bocca che mi aveva onorato con ciò che certamente non meritavo. Ma qualcosa era combiato. Il volto selvaggio era andato in frantumi. Le vene arrabbiate si erano placate, sminuite e posate. Il corpo sembrava stanco a causa del dolore e del conflitto, indebolito dalla sofferenza e dal dolore.

“Come stai?” Gli baciai la fronte e gli diedi il benvenuto. Ci mettemmo in un angolino della moschea. Collassò singhiozzando. Subhan Allah non avrei mai creduto che quel leone, avrebbe mai potuto trasformarsi in un docile gattino un giorno.

“Parla. Cosa c’è che non va? Come sta Khalid?”

“Khalid!” Quel nome fu come un pugnale che gli si conficcava nel cuore, e gli si torceva dentro e poi cessava. Il capo crollò.

“Khalid non è più lo stesso ragazzo che conoscevi. Khalid non è più quel ragazzo generoso, calmo e umile di un tempo. Quando abbandonò il vostro circolo, si inserÌ in un gruppo di ragazzacci; è sempre stato bravo a socializzare. Gli si unÌ in quel tempo in cui un giovane vuole abbandonare la casa. Iniziò col fumare delle sigarette. Lo maledissi, lo pestai di botte, ma fu inutile.

Il suo corpo era abituato ad essere malmenato, le orecchie abituate alle maledizioni. Crebbe velocemente. Iniziò a stare fuori con il gruppo tutta la notte, non ritornava a casa fino all’alba. La scuola lo espulse. Alcune notti ritornava a casa parlandoci in modo non normale, con il volto perso, le parole confuse, le mani che tremavano. Quel corpo che soleva essere forte, pieno, e tenero, è come morto. Quello che ne rimane èuna cornice fragile e sciupata. Il suo volto puro e forte si è trasformato; è diventato buio e sudicio. L’immondezza della fuorviatezza e del peccato si è arrancata ad esso. Quei suoi occhi timidi e semplici di una volta sono cambiati. Essi scoppiano rossi come le fiamme del fuoco come se ogni cosa che egli abbia bevuto o preso si mostri immediatamente nei suoi occhi come una forma di punizione, in questa vita prima che nella prossima. L’ostilità e la mancanza di rispetto hanno rimpiazzato la timidezza e la soggezione che una volta conosceva. Il suo giovane cuore colmo di rispetto e tenerezza è morto. Al suo posto è cresciuto un palo indurito, come una roccia, se non più duro.

Raramente trascorre un giorno senza che si verifichi un incidente. Mi maledice, mi prende a calci oppure mi pesta di botte. Imagina: il mio stesso figlio! Sono suo padre eppure mi malmena!

Dopo aver cacciato fuori tutto questo, i suoi occhi erano umidi e amareggiati. Ma aggiunse velocemente: “Ti imploro Salmaan, va’ a vederlo. Portalo con te. Hai la mia benedizione, la porta è aperta. Va’ a visitarlo di tanto in tanto. Egli ti ama. Iscrivilo di nuovo al circolo di lezioni di Corano.

Potrebbe venire con voi alle gite in campagna. Non faro alcuna obiezione. Infatti ho anche pensato che potrebbe abitare con voi e restare a dormire da voi qualche volta. La cosa importante, Salmaan...la cosa importante è che Khalid ritorni come era un tempo. Ti imploro ragazzo. Ti baceròle mani, riscalderò i tuoi piedi, ti prego e ti prego....”

Collassò, piangendo e ansiamando, nelle memorie del dolore e della sofferenza.

Gli permisi di completare tutto ciò che aveva da dire. Poi gli rivolsi queste parole:

”Nonostante tutto quello che è successo, proverò.

Fratello, tu hai seminato, e questo è il tuo raccolto”.

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Scegliere la strada giusta per educare i nostri figli

 

Si narra che un uomo andò da una persona di sapienza tra i pii predecessori e gli chiese: “Ho appena avuto un bambino, cosa dovrei fare?” La risposta fu data: “Se stai chiedendo soltanto adesso, vuol dire che è già troppo tardi”.

Questa narrazione evidenzia quanto i musulmani del passato fossero serii sull’educazione dei propri figli. Al punto tale da rispondere a quest’uomo che aveva appena avuto un bambino che aveva già perso in partenza. Ciò è dovuto al fatto che essi sostenevano che una corretta formazione del bambino inizi addirittura prima del suo concepimento. Inizia a partire dai genitori che dovrebbero comportarsi da buoni musulmani, scegliere dei compagni pii e conoscere la propria religione, come essere buoni genitori e come educare i propri figli come buoni musulmani. Purtroppo molti genitori oggigiorno non ne comprendono l ‘importanza. [...]

Cerchiamo protezione in Allah da tutto ciò.

Un po’ di tempo fa, una sorella musulmana venne a chiedermi consiglio raccontandomi di sua figlia che era scappata di casa per andarsene con il suo fidanzato musulmano. Cosa avrei potuto risponderle se non come la persona di sapienza che aveva risposto all’uomo che venne a porgli la domanda? Le dissi che adesso era troppo tardi e che aveva già perso.

Nella nostre vite quotidiane corriamo dietro i nostri impegni, inseguendo le nostre occupazioni come costruttori, dottori, uomini d’affari, insegnanti o qualsiasi altra professione, e quanto spesso dimentichiamo il lavoro più importante che abbiamo come pastori [del nostro gregge], e questo è il lavoro di cui Allah ci chiamerà a rendere conto nel Giorno del Giudizio. Perché il Profeta di Allah (pace e benedizioni su di lui) disse:

 

“Tutti voi siete pastori e ciascuno è responsabile del proprio gregge. Anche il leader (capo di stato) di un popolo è  un pastore e responsabile per i suoi sudditi. Un uomo è il pastore della sua famiglia e responsabile per i membri di essa. Una donna è un pastore ed è responsabile della casa del marito e dei suoi bambini ed ella è responsabile per essi. Un servo è un guardiano della proprietà del proprio padrone e responsabile di essa. Dunque tutti voi siete guardiani e dovete assumervi le dovute responsabilità. “(Bukhari)

Molti genitori si sentono come se avessero ben adempiuto al proprio compito di pastori (educando buoni bambini musulmani) semplicemente perché  i propri figli sono iscritti alla madarassa della domenica alla moschea locale. Cosa si tende a dimenticare è che i bambini sviluppano le proprie opinioni sull’Islam partendo proprio dalla propria esperienza diretta, da ciò che osservano in casa e dunque dall’atteggiamento dei genitori, e dall’importanza che si da’ nella famiglia all’Islam.

Come genitori, ci sentiamo oltraggiati quando i nostri figli portano a casa brutti voti da scuola, eppure siamo indifferenti se uno dei nostri figli perde una preghiera. Ci interessa di più avere un posto ad Harvard piuttosto che garantirgli un posto nell’aldilà? Le nostre case rappresentano il solito luogo in cui il Corano è soltanto spolverato per la lettura rituale durante il mese di Ramadhan? È il posto in cui si osserva soltanto la preghiera fard (obbligatoria), ed in cui il Messagero (pace e benedizioni su di lui) non viene quasi mai menzionato? Dunque stiamo insegnando ai nostri figli che l’Islam merita soltano un po’ di spazio la domenica mattina, e non dovremmo stupirci quando essi stessi considerano l’Islam in questo modo.

 

Dunque, come si diventa buoni pastori? Il primo passo da fare è una valutazione personale. Dobbiamo chiederci: “ I miei sentimenti verso l’Islam sono in accordo con cosa Allah, subhanahu wa ta'ala, mi richiede? Le mie parole sono concordi col mio comportamento? Quanto del mio tempo spendo imparando l’Islam e/o venerando Allah?” Soltanto affermando le forze e le debolezze del nostro Islam e costantememente lottando nel nostro mettere in pratica l’Islam, possiamo iniziare a guidare il nostro gregge sul sentiero che piace ad Allah.

Come genitori e pastori la nostra primaria responsabilità è di adempiere ai comandamenti di Allah, subhanahu wa ta'ala, “O tu che credi, salva te stesso e le tue famiglie dal fuoco dell’Infermo”(66:6)

Il nostro gregge rappresenta il futuro dell’Islam. Lo stiamo educando in modo che in futuro i nostri figli diventino dei buoni pastori?

 

Stampato su Al-Jumuah Magazine

(Tradotto da Cinzia Amatullah)